Vite violentedi Giovanni Starace

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Il killer sotto la lente dello psicoanalista: ecco il tema del nuovo libro di Giovanni Starace. Dopo aver passato al setaccio il nostro rapporto con le cose, nella fortunata «Saggina» Gli oggetti e la vita, l’autore scandaglia questa volta il mondo del crimine organizzato e, attraverso l’analisi della pratica quotidiana della violenza che si manifesta nelle sue multiformi espressioni, si apre a esperienze dolorose e ripugnanti. La vita del clan viene osservata nei suoi aspetti profondi, attraverso i legami tra i singoli e le dinamiche di gruppo. Nella relazione tra le persone sembrano assenti dei confini definiti: regnano un’ambiguità e una confusione in cui gli attori si scambiano le parti, chi può eseguire l’omicidio potrebbe a sua volta subirlo. Un’analisi attenta della vita quotidiana e degli episodi violenti che la costellano consente una lettura originalissima di un mondo sociale degradato e di dinamiche psicologiche individuali visibilmente distorte. Quella che ne sortisce è un’esplorazione della società camorrista mai tentata prima. Se fedeltà e appartenenza restano i principi cardine dell’organizzazione, le alleanze spesso si mostrano fluide e lasciano spazio al tradimento delle appartenenze dichiarate: gli amici diventano nemici, l’amore si trasforma in odio, e si può uccidere colui con il quale si è condiviso tutto. I passaggi generazionali sono rapidi, i giovani conquistano il centro della scena mediante bande aggressive che controllano il territorio. Traspaiono meccanismi arcaici del funzionamento mentale, dove tutto si riduce al binomio amico-nemico, e la violenza assume spesso i tratti della perversione. Una violenza che ha bisogno di manifestazioni esibite, di rappresentazioni sceniche particolari. È per questo motivo che le uccisioni assumono spesso una forza straordinaria sia per l’atrocità con cui vengono compiute sia per il valore simbolico proposto. L’uccisione contiene sempre un messaggio, o meglio, l’uccisione è il messaggio: si uccide affinché gli altri sappiano. Viceversa, talvolta essa è dettata dalla casualità, secondo una logica di banalizzazione della morte, ed è dunque inscritta in una sorta di paradossale normalità psicologica. Decine di casi, visti da vicino, a comporre una Gomorra inusuale e spietata.

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Il killer sotto la lente dello psicoanalista: ecco il tema del nuovo libro di Giovanni Starace. Dopo aver passato al setaccio il nostro rapporto con le cose, nella fortunata «Saggina» Gli oggetti e la vita, l’autore scandaglia questa volta il mondo del crimine organizzato e, attraverso l’analisi della pratica quotidiana della violenza che si manifesta nelle sue multiformi espressioni, si apre a esperienze dolorose e ripugnanti. La vita del clan viene osservata nei suoi aspetti profondi, attraverso i legami tra i singoli e le dinamiche di gruppo. Nella relazione tra le persone sembrano assenti dei confini definiti: regnano un’ambiguità e una confusione in cui gli attori si scambiano le parti, chi può eseguire l’omicidio potrebbe a sua volta subirlo. Un’analisi attenta della vita quotidiana e degli episodi violenti che la costellano consente una lettura originalissima di un mondo sociale degradato e di dinamiche psicologiche individuali visibilmente distorte. Quella che ne sortisce è un’esplorazione della società camorrista mai tentata prima. Se fedeltà e appartenenza restano i principi cardine dell’organizzazione, le alleanze spesso si mostrano fluide e lasciano spazio al tradimento delle appartenenze dichiarate: gli amici diventano nemici, l’amore si trasforma in odio, e si può uccidere colui con il quale si è condiviso tutto. I passaggi generazionali sono rapidi, i giovani conquistano il centro della scena mediante bande aggressive che controllano il territorio. Traspaiono meccanismi arcaici del funzionamento mentale, dove tutto si riduce al binomio amico-nemico, e la violenza assume spesso i tratti della perversione. Una violenza che ha bisogno di manifestazioni esibite, di rappresentazioni sceniche particolari. È per questo motivo che le uccisioni assumono spesso una forza straordinaria sia per l’atrocità con cui vengono compiute sia per il valore simbolico proposto. L’uccisione contiene sempre un messaggio, o meglio, l’uccisione è il messaggio: si uccide affinché gli altri sappiano. Viceversa, talvolta essa è dettata dalla casualità, secondo una logica di banalizzazione della morte, ed è dunque inscritta in una sorta di paradossale normalità psicologica. Decine di casi, visti da vicino, a comporre una Gomorra inusuale e spietata.

Informazioni aggiuntive

Autore: Giovanni Starace EAN/ISB: 9788868431365
Editore: Donzelli Editore Protezione: none | acs4 |
Formati disponibili: pdf Pagine versione cartacea: 192
Lingua: it Estratto: Leggi

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