Le rose di Orwelldi Rebecca Solnit

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La figura di scrittore di George Orwell è inestricabilmente legata alla sua denuncia dei totalitarismi, quelli descritti in 1984 e nella Fattoria degli animali. Sarebbe molto semplice dimostrare quanto siano attuali quelle descrizioni, in particolare se si pensa all’erosione progressiva della vita privata e ai sistemi sempre più avanzati di controllo sociale, per concludere che Orwell aveva ragione. E invece la strada che Rebecca Solnit sceglie per dimostrare l’attualità del suo pensiero è quella che affonda nelle sue profondità, svelandoci un Orwell intimo, che coltivava rose, riconosceva il canto degli uccelli, e che aveva deciso di vivere su un’isola per poter realizzare il desiderio di possedere e lavorare in una fattoria. A partire da quelle rose, che fanno da filo conduttore all’intera trattazione, Solnit ricostruisce la biografia di Orwell gettando luce sull’importanza della bellezza, della speranza e della gioia nella sua vita e anche nella sua opera, chiamando in causa altre figure per diversi motivi emblematiche, da Tina Modotti a Stalin, dal fondatore della banca delle sementi sovietica alle lavoratrici delle serre colombiane, dove le rose vengono coltivate in una mostruosa catena di montaggio. Alla fine rileggeremo alcuni passi di 1984 scoprendo quanta bellezza contengano, la bellezza che Orwell indicava quando scriveva: «Finché sarò vivo e in buona salute continuerò ad appassionarmi alla prosa, ad amare la superficie della terra e a prender piacere dagli oggetti solidi e da ritagli di informazioni inutili. Non c’è modo di sopprimere questa parte di me».

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La figura di scrittore di George Orwell è inestricabilmente legata alla sua denuncia dei totalitarismi, quelli descritti in 1984 e nella Fattoria degli animali. Sarebbe molto semplice dimostrare quanto siano attuali quelle descrizioni, in particolare se si pensa all'erosione progressiva della vita privata e ai sistemi sempre più avanzati di controllo sociale, per concludere che Orwell aveva ragione. E invece la strada che Rebecca Solnit sceglie per dimostrare l'attualità del suo pensiero è quella che affonda nelle sue profondità, svelandoci un Orwell intimo, che coltivava rose, riconosceva il canto degli uccelli, e che aveva deciso di vivere su un'isola per poter realizzare il desiderio di possedere e lavorare in una fattoria. A partire da quelle rose, che fanno da filo conduttore all'intera trattazione, Solnit ricostruisce la biografia di Orwell gettando luce sull'importanza della bellezza, della speranza e della gioia nella sua vita e anche nella sua opera, chiamando in causa altre figure per diversi motivi emblematiche, da Tina Modotti a Stalin, dal fondatore della banca delle sementi sovietica alle lavoratrici delle serre colombiane, dove le rose vengono coltivate in una mostruosa catena di montaggio. Alla fine rileggeremo alcuni passi di 1984 scoprendo quanta bellezza contengano, la bellezza che Orwell indicava quando scriveva: «Finché sarò vivo e in buona salute continuerò ad appassionarmi alla prosa, ad amare la superficie della terra e a prender piacere dagli oggetti solidi e da ritagli di informazioni inutili. Non c’è modo di sopprimere questa parte di me».

Informazioni aggiuntive

Autore: Rebecca Solnit EAN/ISB: 9788833311432
Editore: Ponte alle Grazie Protezione: acs4 |
Formati disponibili: epub Pagine versione cartacea: 352
Lingua: it Estratto: Leggi

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Informazioni sull'autore

Rebecca Solnit
REBECCA SOLNIT, californiana, è scrittrice, giornalista, storica, ambientalista, femminista e critica d'arte. Ha pubblicato diversi libri su ambiente, arte, politica, letteratura ed esperienze di viaggio, tra cui Storia del camminare (2018), Gli uomini mi spiegano le cose (2017), Chiamare le cose con il loro nome (2019), Ricordi della mia inesistenza (2021), tutti usciti per Ponte alle Grazie. I suoi scritti sono apparsi su Harper's Magazine e The Guardian. Vincitrice di numerosi premi, è una delle intellettuali americane più rispettate e autorevoli.

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