La lingua ritrovatadi Alberto Bertoni

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Storia di mio padre e del suo Alzheimer

Descrizione

Nato in una famiglia benestante finita sul lastrico e studente svogliato, Gilberto, detto Gil, si fa assumere nel 1943 da Enzo Ferrari come garzone, quando nello stabilimento di Maranello ancora non si costruiscono vetture sportive, ma macchine utensili destinate alla guerra. Fedele per cinquant’anni all’uomo che lo ha assunto e all’azienda di cui sente parte, Gil non legge libri e si esprime solo in dialetto modenese, che fino alla morte di Ferrari è anche la “lingua ufficiale” del Cavallino rampante. “Mio padre parlava rigorosamente l’italiano solo con me e con mia madre, maestra elementare educata nella scuola fascista dove il dialetto era bandito, considerato quasi come un peccato”, scrive il figlio, oggi professore universitario di Letteratura, in questo lieve e intenso libro. Una sera del 2001, all’età di 72 anni, Gil inizia a perdere l’orientamento e la memoria. Gli viene diagnosticato l’Alzheimer. “Di giorno in giorno, mi sono trasformato per lui in un vicino di casa, un cugino, un amico o un antico collega: una persona comunque necessaria e cara, ma dall’identità incerta, fluttuante, solo nei momenti migliori ricondotta al suo vero nome di battesimo, mai e poi mai al suo ruolo di figlio”. Il segnale più evidente è che Gil inizia a parlare in dialetto anche con lui, costretto in questo modo ad imparare – o a ritrovare – la lingua paterna. Per il figlio di Gil, l’Alzheimer, divenuto improvvisamente il problema della sua vita interiore e della sua attività creativa, si traduce in un ventennio di poesie sul padre e sulla sua malattia, anche nella lingua tanto proibita in famiglia.

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Nato in una famiglia benestante finita sul lastrico e studente svogliato, Gilberto, detto Gil, si fa assumere nel 1943 da Enzo Ferrari come garzone, quando nello stabilimento di Maranello ancora non si costruiscono vetture sportive, ma macchine utensili destinate alla guerra. Fedele per cinquant'anni all'uomo che lo ha assunto e all'azienda di cui sente parte, Gil non legge libri e si esprime solo in dialetto modenese, che fino alla morte di Ferrari è anche la "lingua ufficiale" del Cavallino rampante. "Mio padre parlava rigorosamente l'italiano solo con me e con mia madre, maestra elementare educata nella scuola fascista dove il dialetto era bandito, considerato quasi come un peccato", scrive il figlio, oggi professore universitario di Letteratura, in questo lieve e intenso libro. Una sera del 2001, all'età di 72 anni, Gil inizia a perdere l'orientamento e la memoria. Gli viene diagnosticato l'Alzheimer. "Di giorno in giorno, mi sono trasformato per lui in un vicino di casa, un cugino, un amico o un antico collega: una persona comunque necessaria e cara, ma dall'identità incerta, fluttuante, solo nei momenti migliori ricondotta al suo vero nome di battesimo, mai e poi mai al suo ruolo di figlio". Il segnale più evidente è che Gil inizia a parlare in dialetto anche con lui, costretto in questo modo ad imparare – o a ritrovare – la lingua paterna. Per il figlio di Gil, l'Alzheimer, divenuto improvvisamente il problema della sua vita interiore e della sua attività creativa, si traduce in un ventennio di poesie sul padre e sulla sua malattia, anche nella lingua tanto proibita in famiglia.

Informazioni aggiuntive

Autore: Alberto Bertoni EAN/ISB:
Editore: Marietti 1820 Protezione: watermark |
Formati disponibili: epub Pagine versione cartacea: 18
Lingua: it Estratto: Leggi

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Informazioni sull'autore

Alberto Bertoni
Alberto Bertoni è professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea e Poesia del Novecento all’Università di Bologna. Allievo di Ezio Raimondi, ha collaborato alla Letteratura Italiana Einaudi, diretta da Alberto Asor Rosa; per Mondadori ha curato il «Meridiano» dei Romanzi di Alberto Bevilacqua e, in collaborazione con Guido Mattia Gallerani, ha introdotto e commentato il Quaderno di quattro anni di Eugenio Montale. Suoi testi poetici sono tradotti in russo, inglese, francese, ceco, ungherese, romeno e spagnolo.

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